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Balbuzie e Resilienza: 5 modi per resistere alle cadute

Perché è così importante la resilienza per una persona che balbetta. Proviamo a vedere come imparare a sviluppare questa preziosa risorsa psicologica. 

Dal momento che balbettare, bloccarsi o semplicemente tentennare è percepito da chi balbetta esattamente come una caduta, saper reagire alle insidie della balbuzie diventa una risorsa psicologica importante da coltivare e sviluppare. Questo accade, in particolar modo, quando la balbuzie si presenta proprio nei momenti più inopportuni, come quando c’è un piccolo pubblico ad ascoltare o al cospetto di una persona percepita come importante (il capo al lavoro, l’insegnante, un ragazzo o una ragazza per cui proviamo particolare interesse). Risolvere la balbuzie non è solo una questione di ripetizioni o di blocchi, ma è fondamentale riuscire a lavorare su se stessi per non rimanere travolti dall’effetto della caduta. Nel trattamento della balbuzie aumentare la resilienza diventa infatti un potente fattore protettivo.

Prendiamo l’esempio di una persona che sta seguendo un trattamento per smettere di balbettare. Sta seguendo un buon percorso e sta facendo grandi progressi. Una sera si trova con i suoi amici e sta finalmente parlando bene come non mai, è felice e si sente al settimo cielo. Poi, ad un tratto, a fine serata, al momento di salutare quella B esce male e dice “B-B-Buonanotte”. Ecco che entra in gioco la resilienza! Una persona poco resiliente la prende come una sconfitta, chi invece è resiliente lo considera solo un errore di percorso che può essere recuperato con un impegno maggiore.

Più velocemente riesci a riprenderti da una perdita, da una sconfitta, da una caduta e più sei resiliente.

Parlare dunque di resilienza è un viaggio che ha a che fare con le nostre più importanti risorse psicologiche.

Ecco perché in questo articolo ho raccolto informazioni da vari esperti e dalla mia esperienza personale e professionale condensando in 5 passi il viaggio verso lo sviluppo della tua resilienza.

  1. DIVENTA GENTILE CON TE STESSO

Essere severi con se stessi diminuisce la tua capacità di rialzarti, quindi la tua resilienza. Marco, ad esempio, dopo aver balbettato durante un esame universitario reagiva molto male ai suoi blocchi, usava parole dure contro se stesso, diceva: “E’ stato orribile, sembravo uno stupido!”. Sopratutto quando cadi hai bisogno di essere gentile. Non sto dicendo che devi perdonarti ogni errore e quindi concederti di rimanere nel punto dove sei, ma piuttosto trattarsi come farebbe un amico vero, un amico sincero che non nega i tuoi errori ma che ti esorta a risalire sulla barca, resilienza deriva proprio dal latino RESALIO cioè risalire.

Prova a farci caso. Come ti tratti ogni volta che ti capita di sbagliare?

Senti di avere dentro il tuo migliore amico o un giudice ingiusto?

I giudizi negativi che dai a te stesso ogni volta che cadi sono una zavorra che rende tutto più difficile.

  1. IMPARA IL CAMBIO DI PROSPETTIVA

Saper leggere gli errori in modo diverso aumenta la resilienza. Il cambio di prospettiva in psicologia si dice ristrutturazione cognitiva. Ristrutturare significa trovare gli elementi positivi in un evento, modificare il nostro modo di guardarlo. Un esempio è quando, alle prese con una sfida, sentendo lo stress che ci arriva, riusciamo a leggerlo come attivazione e non più come l’anticamera del blocco.

In che modo? Ci sono ricerche scientifiche che provano che se le persone si allenano a interpretare i cambiamenti fisiologici dovuti all’emozione come una preparazione del corpo a fare bene, lo stress diventa positivo anche al livello biologico. D’altronde non è vero che esiste solo uno stress negativo, lo sanno bene gli sportivi che esiste anche uno stress positivo chiamato eustress.

Quindi prova a rivalutare dentro di te le sensazioni che percepisci, ogni volta che ti senti in ansia, prova a pensare che è il tuo corpo che si sta preparando ad agire e non che è il segno che stai per balbettare. A tal proposito Kelly McGonigal, una psicologa americana, dice:

Se scegliete di vedere la reazione allo stress come utile, create la biologia del coraggio!”.

  1. STOP ALLE SCUSE!

Probabilmente ti sarà capitato di avere un pensiero del tipo: “Essere balbuziente è il mio destino, non c’è nulla che io possa fare! Sono semplicemente sfortunato!”.

In realtà chi rede di essere balbuziente per destino, automaticamente si risparmia la fatica di scommettere su se stesso, perché tanto nulla dipende dal proprio operare. Se ci si esonera dalla possibilità di agire per cambiare, ci si abitua a vivere come spettatore la propria vita. Seduti in panchina, non si può fare goal. Pertanto, se si vuole risolvere il problema “balbuzie”, imparare a confutare questo pensiero disfunzionale risulta indispensabile. Un pensiero alternativo a quello sopra può essere questo:

“Gran parte di quello che mi accade dipende da me e da come e quanto mi alleno. Se ho la balbuzie è perché mi sono inconsapevolmente allenato per tanto tempo a mantenerla, alimentandola con comportamenti, pensieri ed emozioni poco funzionali. Io e soltanto io posso riprendermi il potere che le ho dato”.

Assumiti quindi la responsabilità di affrontare le situazioni, di esporti a nuove opportunità e quindi a nuovi rischi e pericoli. Assumiti la responsabilità della tua comunicazione e sii disposto a sopportare brevi periodi di disagio: è la chiave per il cambiamento. Se si è disposti ad assumere rischi, è possibile realizzare una trasformazione significativa. Basta scuse!

  1. SVILUPPA IL TUO SENSO DI AUTOEFFICACIA

Cadere così spesso dove gli altri vanno spediti è un’esperienza che lascia traccia, lascia l’idea di non essere bravi a parlare, di non essere efficaci nella comunicazione. Non è una questione di autostima, salvo qualche caso, in generale una persona che balbetta sa benissimo quanto vale e non si giudica male sempre, lo fa solo nel momento in cui deve giudicare la sua efficacia nella parlata. E’ quello che Albert Bandura, uno degli psicologi più autorevoli del mondo, ha chiamato senso di autoefficacia. Bandura dice:

«una persona può giudicarsi irrimediabilmente inefficace in una data attività senza per questo patire una qualsiasi perdita di autostima».

Il credere di non riuscire a parlare fluentemente in una data situazione porta oltre che ad un peggioramento della performance anche ad una tendenza ad evitare situazioni.

Per aumentare l’autoefficacia nei compiti verbali puoi iniziare ad affrontare per gradi le situazioni comunicative, anche prendendo nota su un diario personale. Questo ti permetterà di vivere le difficoltà come sfide da superare e non come pericoli da evitare. Un ulteriore consiglio al riguardo può essere quello di crearsi intorno un ambiente favorevole con persone che favoriscano l’autoefficacia e spesso, per poter far questo, il primo passo è raccontarsi a qualche amico fidato o ad un genitore che possa fare da complice nell’intento di migliorarsi.

  1. LA TRAPPOLA DELLE ASPETTATIVE

Può capitare che ci si senta frustrati, succede quando la persona avverte la balbuzie come un ostacolo insormontabile e a quel punto pensare di rialzarsi sembra una cosa impossibile. Questo senso di frustrazione è un veleno per la propria resilienza e comprendere come fare a disintossicarsi può essere di grande aiuto.

Da dove ripartire? Pietro Trabucchi, psicologo autore del libro “Resisto dunque sono”, scrive: “la frustrazione è riconducibile alla delusione delle aspettative”. Se parliamo di un adulto la sua tendenza a porsi aspettative troppo alte deriva dai genitori, se invece parliamo di bambini è il genitore che deve riflettere sui messaggi che manda, perché le aspettative alte producono messaggi del tipo:

“Non devo assolutamente balbettare e non fare una brutta figura se no sono un fallito!” 

“Stasera siamo a cena con i miei amici, stai attento alla parlata, non devi balbettare” 

“Non devi balbettare perché ormai hai fatto il corso e sai come parlare”. 

L’utilizzo del termine “devo”, non prevedendo possibilità di errorefinisce per rendere la persona schiava dell’unico modo di pensare in termine di dovere. Pertanto, sarebbe bene allenarsi ad un pensiero più libero, quale:

“Preferirei essere bravo e non fare una brutta figura. Tuttavia, non escludo il fatto che possa succedere di non essere in grado di esprimermi al meglio. Ciò non vorrà dire che sono un fallito, ma una persona in cammino, con le sue conquiste e le sconfitte che servono per imparare e migliorarsi”.

La resilienza è un fattore psicologico che si può sviluppare e si può anche allenare. Fino a qualche anno fa eravamo convinti che la reazione agli errori fosse solo una questione di genetica, dicevamo infatti: “che posso farci, sono fatto così”. Oggi sappiamo che in realtà questa cosa dipende solo in piccolissima parte dalla genetica, dipende piuttosto dalle esperienze che hanno modificato il tuo atteggiamento mentale.